Recensione Serie Tv: Ni una más

La trama di questa nuova serie Netflix segue la vita di Alma (Nicole Wallace), studentessa di 17 anni che sta per finire il liceo. Greta (Clara Galle) e Nata (Aicha Villaverde) sono le sue migliori amiche: si conoscono da quando erano piccole, si divertono insieme e insieme affrontano i problemi tipici della loro età. Come sentirsi escluse, la gelosia, i problemi con i genitori e persino le relazioni tossiche…

Tutto cambia quando un misterioso profilo social, @Iam_colemanmiller, pubblica una foto accompagnata dal messaggio: «Questa sono io il giorno prima di essere violentata». La normalità non esiste più e le cose cambiano. Come e quando è avvenuta questa aggressione? Chi c’è dietro questo profilo? Quanto c’è di vero in queste accuse e chi è la vittima?

Ni una más mi ha profondamente colpita per la sua capacità di immergersi nelle vite complesse delle giovani protagoniste, offrendo uno sguardo intimo e penetrante sulle loro esperienze e sulle difficoltà che devono affrontare nel navigare un mondo spesso ostile e indifferente alle loro lotte. Ogni episodio traccia un percorso emotivo che non solo riflette le sfide dell’adolescenza, ma anche le lotte di una generazione determinata a cambiare e rinnovare il proprio contesto sociale. Ispirata dall’omonimo romanzo e dal movimento femminista nato in Argentina nel 2015, “Non una di meno”, la serie esplora con sensibilità e autenticità la violenza di genere, mostrando come gli abusi possano influenzare profondamente le vite dei personaggi. Al centro della trama c’è Alma, interpretata con intensità da Nicole Wallace, il cui percorso personale è il fulcro attorno al quale si intrecciano le storie delle altre protagoniste. Alma rappresenta la forza e la resilienza di fronte alla violenza sessuale e di genere, tema centrale che permea tutta la serie.

La narrazione si distingue per la capacità di mantenere alta la tensione narrativa, alternando abilmente flashback e momenti presenti, evidenziando la complessità dei temi trattati. Mi hanno particolarmente colpita le interpretazioni di tutti gli attori, chi più e chi meno: Nicole Wallace, la mia preferita in assoluto nella serie, offre una rappresentazione autentica e toccante di Alma, catturando con precisione le sfumature emotive del suo personaggio. Clara Galle aggiunge profondità al personaggio di Greta anche se non rientra tra le mie preferite, contribuendo a intensificare il legame con Alma. Gabriel Guevara mi ha colpito particolarmente per la sua capacità interpretativa, soprattutto per quanto riguarda le espressioni del viso. Trovo che sia stato molto convincente. Aicha Villaverde è agli inizi della sua carriera, e anche se ci sono stati alcuni passaggi che non mi hanno convinta del tutto, trovo il suo personaggio molto interessante. E proprio riguardo a questi ultimi due attori, per un gusto personale, ho trovato che il loro rapporto sia stato messo in secondo piano; secondo me doveva essere sviluppato meglio. La rappresentazione dell’amore tossico, pur presente in alcune intense scene e ben interpretate da entrambi gli attori, avrebbe beneficiato di una maggiore esplorazione in quanto questa tematica è di fondamentale importanza non solo per i più giovani ma anche per gli adulti. Un altro aspetto che mi ha profondamente colpita è stato il ruolo di Berta, un personaggio sorprendente e dalla storia inaspettata, per me che non ho letto il libro. L’interpretazione di Teresa De Mera mi è piaciuta davvero tanto. Mi sono affezionata a lei gradualmente e la sua scena finale è stata molto toccante.

Attraverso una narrazione corale, la serie esplora il peso delle molestie e degli abusi sulle vite dei suoi protagonisti, offrendo uno sguardo intimo sulle loro esperienze e sulle loro lotte quotidiane. Parallelamente, affronta con sincerità la fluidità delle identità e il rifiuto delle etichette imposte, temi centrali nella formazione di questi giovani personaggi. La serie esplora anche il ruolo complesso e spesso problematico dei genitori nella vita dei loro figli, aggiungendo ulteriore profondità alla narrazione. Fin dal primo episodio di Ni una más, inoltre, ho avvertito un sottile senso di inquietudine riguardo all’identità dello stupratore. Percepivo che fosse lui già dalla sua prima comparsa sullo schermo. Tuttavia, mentre la serie procedeva, diversi indizi mi hanno tratto fuori strada, rendendo ogni episodio ancora più coinvolgente. È stato solo verso la fine che ho finalmente avuto le mie risposte, ma ciò che mi ha davvero colpita è stato il fatto che non avevo mai capito chi fosse la ragazza che aveva subito l’atto. Questo aspetto della trama mi ha tenuto incollata allo schermo, creando una tensione emotiva e una grande suspense. Guardando la serie me ne è venuta in mente un’altra che ho amato e guardato con estremo interesse: Tredici. In confronto a Tredici (13 Reasons Why), serie che ha esplorato con altrettanta sensibilità tematiche complesse dell’adolescenza attraverso il personaggio di Hannah Baker, Ni una más si distingue per la sua focalizzazione sulla resilienza e sulla solidarietà femminile di fronte alle difficoltà. Entrambe le serie affrontano le conseguenze drammatiche degli eventi traumatici sulla vita dei giovani, ma la prospettiva di Ni una más è unica nel suo approccio alla forza e alla determinazione delle giovani donne di fronte all’oppressione e alle difficoltà quotidiane.

Personalmente, Ni una más ha ampliato il mio orizzonte sulle esperienze delle giovani donne, offrendo una visione empatica e profonda delle loro e nostre lotte quotidiane. È una testimonianza della forza narrativa e dell’importanza sociale delle storie che racconta, rimanendo impressa nella memoria per la sua capacità di esplorare le complessità dell’adolescenza e oltre.

Ni una más è una serie che ti tocca il cuore e la mente, portandoti a riflettere su temi cruciali della nostra società. È una visione che consiglio a chiunque voglia comprendere meglio le dinamiche complesse e le sfide che affrontano le nuove generazione. 

VOTO: ⭐️⭐️⭐️⭐️½.

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